stanco delle urla dei bambini che piangono, stanco delle infinite bombe che cadono.
Sembra che se stessi soffocando, come se fosse difficile respirare.
I Talebani avevano invaso il mio paese e avevano preso mio padre, dopo di lui ero io il responsabile della mia famiglia.
Dovevo andare e lasciare tutto quanto; non avevo niente, solo una famiglia.
Siamo partiti dall’Afghanistan e dopo 25 giorni di viaggio siamo arrivati in Iran. Abbiamo camminato per dieci giorni, non ce la facevo più, vedevo mia mamma davanti a me che stava camminando piano piano con le borse pesanti, era molto stanca ma non si voleva fermare e vedevo la mia piccola sorellina che per 10 giorni non aveva mangiato niente, solo un pezzo di pane con un po’ di acqua.
Siamo partiti per trovare una riva dove le onde possono spazzar via i nostri dolori.
Siamo arrivati in Iran ma non ci volevano, abbiamo deciso di viverci illegalmente ma io dovevo lavorare, non potevo stare chiuso in casa.
Ho dovuto lasciare gli unici cari che avevo in questo mondo e partire per un futuro migliore.
Era inverno ho parlato con uno scafista iraniano che poteva portarmi in Turchia, eravamo cinque ragazzi, lui ci ha accompagnati vicino al confine e ci ha detto che ci avrebbe aspettati oltre confine e di correre almeno un chilometro per attraversare il confine. Era buio e c’era anche la neve, non era possibile correre, però abbiamo attraversato il confine. Ma lui non era li, abbiamo deciso di aspettare, ma era così freddo che non potevo stare fermo. Avevo le scarpe bagnate, dovevo camminare e fare qualcosa per non prendere troppo freddo, dopo due o tre ore finalmente è arrivato e ci ha portato a Istanbul.
Gli scafisti turchi facevano gruppi di 40 persone e trasportavano i migranti in gommone, una notte un autobus ci ha scaricati a Izmir eravamo un gruppo di quaranta persone con le facce strane ma non eravamo strani solo che avevamo paura, paura della gente che ci guardava e paura di essere rimandati indietro, si sentiva intorno, parlavano di una barca affondata, erano morte 30 persone.
Ora toccava a noi dovevamo gonfiare il gommone e salire, prima le donne e i bambini al centro e gli uomini intorno, poi il trafficante ci ha chiesto chi volesse guidare la barca (loro non vanno insieme ai migranti) nessuno parlava e in un certo punto c’era un ragazzo fuori dalla barca che non aveva soldi e loro hanno scelto lui, e lui ha accettato perché così poteva venire gratis con noi.
Siamo partiti verso le luci che si vedevano da lontano ci avevano detto che là c’è la Grecia. Era tutto buio quella notte la luna era scappata e le onde erano arrabbiate, i bambini piangevano, le donne pregavano e gli uomini erano concentrati sulle luci. Dopo qualche ora la parte dietro della barca ha iniziato ad affondare, tutti spingevano davanti ma non ci stavamo la barca era troppa piccola e il ragazzo capitano ha iniziato ad affondare, la gente cadeva nell’acqua, le donne,i bambini, aiuto aiuto…non vedevo niente dovevo tenermi forte per non cadere in quel momento avevo un solo pensiero: la mia famiglia. Non ero capace di nuotare.
La guardia costiera della Grecia ci aveva notato quando eravamo entrati nel loro territorio, dopo un po sono arrivati ma era troppo tardi, ci sono riusciti a salvare solo 25 persone, non ci credevo che ero ancora vivo, ma vedevo la gente che piangeva e voleva andare indietro a cercare i loro figli e parenti perduti nell’acqua.
Sono arrivato in Grecia ma non potevo andare oltre perché i confini erano chiusi, ci sono rimasto bloccato per otto mesi in brutte condizioni.
Poi ho trovato un’isola che si chiama Patra: c’erano degli scafisti che mandavano i migranti in Italia con le navi che trasportavano i camion delle merci, ho pagato 500 Euro per andare sotto il camion e tenermi finché il camion arrivava sulla nave, ma non era così facile perché i poliziotti controllavano sempre e io ci ho provato per 3 mesi, finché un giorno sono riuscito a passare, ero sulla nave ma non potevo uscire da sotto il camion perché era pieno di telecamere, la nave ha viaggiato per 12 ore e…. sono arrivato in Italia e sono stato per 8 giorni, vedevo i rifugiati che erano in giro senza lavoro e nessun aiuto, perciò ho deciso di andare in Germania: Sapevo che la Svizzera aveva leggi severe sull’immigrazione ma avevo solo 8 euro…
Ho preso il treno senza biglietto per andare in Svizzera e poi in Germania ma non sono riuscito, sono stato beccato dalla polizia svizzera e mi hanno chiesto di stare in Svizzera o altrimenti dovevo tornare in Italia, ero stanchissimo di viaggiare, di partire e non arrivare, avevo deciso di stare qui.
Ora sono passati 6 anni da quando sono scappato dal mio paese desiderando un bellissimo paese mi chiedo, ne è valsa davvero la pena?
È vero che questa città è bella, ma questa bellezza non è per me; gli occhi mi guardano da lontano e le voci mi chiedono perché sei qui?
Quando racconto i miei dolori con un sorriso mi dicono non ti capisco, qui è molto difficile trovare qualcuno che ti capisce, alcuni hanno paura e altri sono arrabbiati. Ramazan, Afghanistan