Il mio viaggio per arrivare in Svizzera è cominciato quattro anni fa, in Iran. Ero incinta di 7 mesi. Abbiamo camminato nelle montagne, durante 10 ore, nella neve, per attraversare il confine ed arrivare in Turchia. Ho attraversato il mare con un gommone per andare in Grecia. In Grecia sono riuscita ad avere dei documenti falsi, per andare in Svizzera. Ho preso l’aereo da sola, mentre mio marito è rimasto in Grecia.
Sono arrivata all’aeroporto di Zurigo, presto la mattina. Ero da sola, non sapevo dove andare e non parlavo la lingua. Ho preso un taxi, che mi ha lasciato in mezzo alla città. Ho aspettato lì durante 6 ore, provando a chiedere aiuto, ma nessuno mi aiutava. Finalmente è passata una macchina della polizia. L’ho fermata e mi hanno portata alla stazione della polizia. Lì, finalmente è venuto un traduttore che parlava la mia lingua, il Farsi. Allora mi hanno dato un biglietto del treno e un indirizzo e mi hanno fatto andare da sola fino ad un centro di rifugiati. Ho dormito in questo posto per una notte. Nessuno si è occupato di me. Ero incinta di 9 mesi e mi hanno fatto dormire per terra, senza materasso.
Il giorno dopo, mi hanno dato un altro biglietto di treno e un altro indirizzo, per andare da sola in Ticino, in un altro un centro di rifugiati. Due giorni dopo è nato mio figlio, che adesso ha 4 anni. E dopo 4 mesi è arrivato anche il mio marito.”